Selma da Tunisi è scappata da bambina per andare a Parigi. Li si è laureata in psicologia e cominciato a professare. Ma la concorrenza parigina è spietata, così Selma pensa che tornare a casa possa essere una buona idea. Nel frattempo, intanto, la rivoluzione ha cambiato le cose in patria e forse per Selma potrebbe essere l’occasione per partecipare alla trasformazione del suo Paese. Che potrebbe proprio partire dall'apertura di uno studio psicanalitico in città. La sfida non è semplice, perché Salma dovrà scalfire una cultura refrattaria a ogni apertura mentale. Ma la sfida le riserverà delle sorprese.
“Salma sa che le persone hanno bisogno di parlare e lei è lì per sentirle - racconta Golshifteh Farahani, protagonista di Un divano a Tunisi - Alla fine però sarà lei a essere aiutata e a imparare di più su se stessa".
Presentato all'ultimo festival di Venezia, Un divano a Tunisi è una commedia solo apparentemente leggera, perché dietro l’aria brillante e a tratti surreale si cela la fotografia amara di un Paese diviso tra la voglia di cambiamento e la tradizione più immobilista e conservatrice. L’occhio di Selma, tunisina di Parigi, riesce allo stesso tempo a mettere a fuoco le contraddizioni del proprio Paese, ma anche a intenerirsi di fronte alle debolezze e alle fragilità umane. Che rimangono tali in ogni parte del mondo.