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Wednesday, 22 September 2021 15:44

Qui rido io, recensione del dramma biografico di Mario Martone con Toni Servillo Featured

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E' appena uscito al cinema Qui rido io, nuovo film di Mario Martone con Tomi Servillo presentato all'ultima edizione del Festival di Venezia: ecco qui di seguito la recensione.

Eduardo Scarpetta non è stato un semplice artista, così come non possiamo dire sia stato un uomo semplice. L’arte era dentro di lui e lui ne era l’umana espressione. Tutto nella sua vita - mai banale - era semplicemente grande, esagerato, smisurato: il successo, la passione, i figli, le famiglie e pure i fallimenti. Una storia grande che Martone ha trasformato in un grande film.

La storia del teatro popolare napoletano alla fine dell’Ottocento venne investita da una vera e propria rivoluzione: il talento di Scarpetta, capocomico dell’omonima compagnia, si impose con una serie di commedie di successo (opere come Miseria e nobiltà, Un turco napoletano e Il medico dei pazzi che in seguito divennero film di successo) e soprattutto creando il personaggio di Felice Sciosciammocca che riuscì a scalzare la maschera di Pulcinella dal palco principale di tutti i teatri.

Qui rido io ci introduce al momento in cui Scarpetta ha già raggiunto il successo e il suo ego smisurato lo porta ad interpretare sempre il personaggio principale sia in teatro che nella vita: sulle scene si prende immancabilmente la ribalta e nella vita tiene in piedi più famiglie contemporaneamente, disseminando il mondo di figli. Per la precisione ben nove, di cui solo tre riconosciuti (e dei tre solamente Vincenzo avuto dalla moglie Rosa). Tra i vari “nipoti” sparsi per la città di Napoli o sotto lo stesso tetto anche Eduardo, Titina e Peppino destinati negli anni successivi a rivoluzionare nuovamente il teatro napoletano e a superare la fama dello stesso zio/padre. Il successo e gli equilibri familiari tra mogli e amanti viene però messo in crisi quando Scarpetta viene convolto da Gabriele D’Annunzio in una causa per plagio (Scarpetta in realtà portò in scena la parodia de La figlia di Jorio) e in un lungo processo che minerà certezze e primati.

Mario Martone non è nuovo a mescolare le sue due grandi passioni - cinema e teatro - e l’approdo alla figura di Scarpetta sembra essere la naturale conseguenza di un amore smisurato per il teatro napoletano e in particolare per quello di Eduardo De Filippo. Racconta il padre, per comprendere il figlio: potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura di un film al limite della perfezione per messa in scena e recitazione. Il taglio teatrale prevale su quello cinematografico, ma il colpo da maestro sta nel scegliere di rappresentare tutti i componenti delle famiglie Scarpetta, come se fossero attori (e molti di questi lo erano veramente) di un’unica messa in scena. I limiti tra finzione e realtà si abbattono e il mondo diventa un palcoscenico infinito, dove tutti noi recitiamo la nostra parte.  

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