“Ci vuole grande coraggio a mantenere la propria integrità quando non sei nessuno”. Nel 1971 Sergej Dovlatov ha trent’anni e da sempre è uno scrittore: mestiere scomodo nell’Unione Sovietica di quel periodo, se non sei allineato al Partito. Dalle case editrici gli vengono commissionati solamente lavori celebrativi del mondo operaio, oppure gli viene chiesto di scrivere articoli appassionati che esaltino la Terra Sovietica, come quello che dovrebbe accompagnare il film sul varo della di un nuovo imponente gioiello della marina sovietica. L’articolo di Dovlatov finisce inevitabilmente per essere permeato di ironia e critica, neanche tanto velata, a un Paese che preferisce l’apparenza alla sostanza. A un Paese avviluppato su se stesso e vittima di una politica castrante ogni diversità di veduta. Certo, se sei nel bel mezzo del Pensiero Unico, diventa difficile anche solo sopravvivere.
E la frustrazione di Dovlatov, cosi come quella di altri intellettuali dell’epoca (uno per tutti il futuro premio Nobel Iosif Brodskij), è totale: autori che non vengono pubblicati, pittori che non trovano spazi per le loro esposizioni e nuove idee che vengono spente sul nascere. “E se non vieni pubblicato è come se non esistessi. E io sono stanco di non esistere”, ammette sconsolato Dovlatov. Tra giornate a girare sconsolato tra rifiuti e frustrazioni, un libro che non vuole andare avanti e un matrimonio che non riesce a chiudere definitivamente, Dovlatov si prepara a diventare lo scrittore più amato della sua generazione e a vivere la notorietà. Che arriverà solo dopo la sua morte, avvenuta negli Stati Uniti nel 1990.
“Dovlatov è una superstar della letteratura russa e in molti lo ricordano come una persona straordinaria - racconta Alexej German Jr (Paper Soldier), regista del film - e al tempo stesso dall’humor sottile e dall’incredibile talento. Il film rivela un momento incredibilmente interessante della Leningrado degli anni Settanta, un periodo di grande fermento e vivacità. C’erano ancora gli echi di libertà del periodo precedente, noto come “il disgelo”. I personaggi sono ancora giovani e sono pieni di energia. E anche se li vediamo fin dall’inizio esausti e con la barba lunga, non hanno ancora perso la speranza”.
Giovani e speranzosi, i protagonisti di Dovlatov - i libri invisibili, sono parte sia della storia vera che di una immaginata, come uscissero da un racconto scritto da loro stessi. E forse è proprio così: se la mente di Dovlatov è bloccata di fronte alla pagina bianca di un romanzo che stenta a partire, il mondo gli gira intorno con tutte le sue contraddizioni e frustrazioni, componendo un racconto corale destinato a diventare un giorno, finalmente, un libro.